venerdì 11 gennaio 2013

CAPITOLO 2 - Le origini di Giovanni Berio.


STRALCIO DI UNA TESI SU LIGUSTRO
Ligustro nelle tesi di laurea

CAPITOLO 2
CHI E' LIGUSTRO

 Le origini di Giovanni Berio.


L'affascinante storia artistica di Giovanni Berio in arte Ligustro, nato a Imperia nel 1924, sposato, tre figli, inizia negli anni Settanta, precisamente nel 1972, quando, colpito da infarto, é costretto ad abbandonare la sua amatissima professione di perito chimico nel campo dell'industria olearia.

Durante la convalescenza gli viene consigliata un'attività meno stressante e così inizia a dedicarsi alla pittura ad acquarello e pastelli. La scoperta dell'arte costituisce per lui una sorta di deterrente per affrontare e superare una condizione psicologica negativa, un periodo critico di forte angoscia e solitudine sul quale gravano non solo le sue condizioni di salute ma anche la perdita di alcune persone a lui care tra le quali la moglie.

E sono proprio la malattia, la depressione, la convalescenza e la guarigione, che portano ad un cambiamento radicale nell'esistenza di Giovanni Berio. Gli si chiede quando e perché ha deciso di ribattezzarsi Ligustro e lui risponde: "Agli inizi degli anni settanta, io ero solo il Giovanni Berio combattivo, forte, schietto, aggressivo e rude come la mia terra. Solo attraverso la sofferenza della malattia e il sollievo della guarigione, ho potuto ritrovare l'ormai dimenticata sensazione dell'infanzia e il senso della rinascita. Ricordo di essere rimasto colpito da una breve poesia di Natsume Soseki che così recita: " Poter rinascere piccolo, pari ad una violetta". Questo è stato lo spunto per ricominciare a vivere in modo diverso, ossia attraverso un approccio più immediato con la natura. L'esempio della violetta era molto calzante ma allora io non avevo molta conoscenza della flora, se non per quelle cose a tutti note, per cui non riuscivo a trovare un fiore o una pianta che potesse avere attinenza con il mio essere. Ancora prima avevo pensato ad un qualcosa di molto generico come Ligusto (Ligure), ma questo pseudonimo mi sembrava troppo ovvio e scontato. Inconsciamente optai per Ligustro, un arbusto della famiglia delle oleacee, le cui foglie appuntite potevano rispecchiare quella che era stata la mia natura sino alla malattia. Tuttavia, mi sembrò più adatto il Ligustrum Japonicum, le cui foglie più morbide e tondeggianti avrebbero meglio rappresentato il nuovo Giovanni Berio che stava ricominciando a vivere, più sereno, gentile e malleabile ma al tempo stesso ugualmente forte". Questa diretta testimonianza toglie ogni dubbio su come lo pseudonimo Ligustro "renda onomatopeicamente il nerbo severo della natura ligure, profondamente radicata nel carattere del nostro artista, anche in considerazione della forza di volontà e orgoglio con cui egli sia riuscito a penetrare in un mondo così lontano e misterioso come quello dell'arte giapponese.

Infatti egli stesso aggiunge: "Il fatto curioso è che consultando la Dott.ssa Jimbo Keiko, una gentilissima signora giapponese laureata in Storia dell'Arte e Filosofia all'università Gakashuin di Tokyo, la traduzione in ideogrammi giapponesi dello pseudonimo Ligustro, risultò essere Ri-cui o Ri-gu, cioè "padrone dei ferri". Per me, questa era l'ultima conferma che aspettavo, una specie di segno premonitore che completava la mia scelta definitiva verso un nuovo mondo che si apriva in una infinità di visioni".
2.2 Ligustro e i suoi nomi

Il nuovo mondo è ovviamente quello della xilografia giapponese il quale indubbiamente influenza Ligustro anche nella scelta di cambiare più volte nome (ne cambierà altri cinque ma chi scrive si riserva specifiche e più approfondite analisi nel prosieguo della trattazione). Infatti, secondo la tradizione giapponese, gli artisti di ogni genere e disciplina ( ma non solo loro), sono soliti cambiare nome ogni qualvolta si cambi il proprio stile artistico, si affrontino nuove tematiche o si inizino nuove fasi del proprio percorso. In secondo luogo, un allievo meritevole, spesso riceve il nome dal proprio maestro e in questo caso entrambi modificano il proprio. Per il maestro, il cambiamento è dettato dall'esigenza di difendere l'autenticità delle proprie opere, seriamente minacciata da una sempre più diffusa e spietata attività di imitazione, esercitata spesso dagli stessi allievi di sua fiducia. Il "caso Hokusai" che principalmente influenza Ligustro nelle sue scelte, risulta essere piuttosto particolare in quanto l'entità dei suoi cambiamenti di nome ( trentasei sinora riconosciuti) è dovuta oltre ai diversi cambiamenti di stili e scuole, ai frequenti spostamenti di dimora (novantuno volte in ottantanove anni di vita!!), spesso dovuti a motivi di incolumità della propria persona (il maestro era continuamente perseguitato dai creditori per debiti contratti dal nipote).

Così come Hokusai, anche Ligustro conosce, seppur in maniera molto limitata, diverse fasi del proprio percorso artistico, scandite da specifici cambiamenti. In realtà, nel suo caso, parlare di fasi è piuttosto inappropriato e pertanto sarebbe più corretto fare riferimento ad una serie di "momenti salienti" nei quali si delineano gli obbiettivi principali della sua sperimentazione tecnica nel campo della xilografia.

Ed è proprio dal configurarsi di ciascuno di questi obbiettivi che nascono, tra l' altro in modo piuttosto ironico e divertente, i suoi pseudonimi che prontamente traduce, così come ha fatto per Ligustro, in ideogrammi e scolpisce successivamente su legno costruendo dei veri e propri sigilli-firma. Egli mi dice: "Quando ho cominciato a realizzare le mie prime stampe policrome intorno al 1985, la mia tecnica di incisione dei legni era ancora piuttosto primitiva ma ero più che mai deciso a continuare a sperimentare, a "rosicchiare" i legni come un tarlo". Poi ridendo aggiunge: "Da questa mia determinazione nasce lo pseudonimo" Shu-sei", Il tarlo e chi più di me può essere considerato tale? Io sono un rosicchiatore!".

Da qui la cifra stilistica di Ligustro si evolve, interessando, come si vedrà in seguito, anche i metodi di stampa e soprattutto il colore, talmente importante da suggerirgli l'appellativo di Kio Shoku, Pazzo del colore (Hokusai si faceva chiamare, tra gli altri, Gakyorojin Manji Hitsu, ossia Pazzo del disegno, in virtù della sue indiscutibili abilità di disegnatore e sensibilità del segno piuttosto che del colore).

La sua "pazzia" per la dimensione cromatica, è destinata a non esaurirsi e continua a suggerirgli opere di innegabile preziosità e bellezza le cui tematiche di fondo sono simbolicamente riassunte nei successivi sigilli - nome di "Cho-Raku", Incide la gioia, e "Ze-Ko", Ricercatore di arcobaleni.



2.6 Ligustro e l' approccio visivo con il colore

Se l'approccio di Ligustro alla dimensione grafica e compositiva, appare molto interessante in quanto solidamente legata al linguaggio grafico di matrice Liberty dei vari Nabis (Denis, Bonnard, Vuillard, Valloton), e dei simbolisti (Mucha, Toulouse Lautrec, Pissarro, Riviere e Orlik), altrettanto affascinante risulta essere il suo processo evolutivo, se di evoluzione si può parlare, nel campo della dimensione cromatica.

Ritengo importante ricordare che ogni direzione presa la Ligustro in campo artistico, costituisca un vero e proprio impegno, una dimensione a sé stante, da affrontare con estrema serietà partendo dagli aspetti più semplici per indagare e sperimentare poco alla volta, con infinita pazienza, ogni sfaccettatura più piccola. Tutto il suo percorso quindi, si presenta come un costante guardare avanti, un configurarsi di obbiettivi da perseguire, che lasciano il posto ad altri mano a mano che vengono raggiunti. Questa filosofia vale anche per il colore e risulterà fondamentale per le sue stampe nishiki-e.



Fig. 2.72
Porto di Oneglia 1983

Dal punto di vista cromatico, Ligustro si rivela subito estremamente sensibile alla tavolozza naturale del paesaggio circostante e prova a realizzare le prime marine (fig. 2.72), le nature morte (fig. 2.73 e 2.74),

Fig. 2.73
Il ciclamino
Pastelli 1983 

Fig. 2.74
Senza titolo
Pastelli 1983

i carruggi caratteristici dei paesi dell' entroterra imperiese (vedi figg. 2.75, 2.76 e 2.77),


Fig. 2.75
Gazzelli
Pastelli 1983 


Fig. 2.76
Diano Serreta
Pastelli 1983


Fig. 2.77
Senza titolo
Pastelli 1984 

e gli uliveti, attraverso la tecnica del pastello (fig. 2.78).


Fig. 2.78
Ulivi
Pastelli 1983


Quasi immediatamente infatti si rende conto che la pittura ad olio non lo soddisfa, in quanto mal di adatta, in primo luogo, alla sua necessità di sperimentazione estremamente dinamica ed istintiva. Egli infatti sente il bisogno di lavorare velocemente e soprattutto di produrre in grande quantità per poter per raggiungere un obbiettivo ed andare oltre, alla ricerca di una nuova sfida da affrontare con rinnovato spirito. In questo senso egli stesso afferma: "Essendo ormai abituato con le chine e le matite a disegnare velocemente, ad abbozzare i miei esercizi in modo molto istintivo, trovavo l' olio troppo laborioso e poco immediato."

In sostanza Ligustro ha bisogno di tantissime sfumature di colore puro e l'olio non gli permette, forse più per un suo limite, piuttosto che per un limite del mezzo espressivo, di assecondare la sua sensibilità cromatica. D' altronde egli stesso afferma: "Fin dal primo momento in cui ho cominciato a muovere i primi passi nel mondo dell'arte, non ho mai nutrito alcun tipo di aspirazione artistica particolare e ho sempre escluso qualsiasi possibilità di emergere come artista quotato o come pittore professionista, in quanto non avevo le basi tecniche e culturali necessarie. Il mio unico interesse era quello di esprimere le mie sensazioni, i miei sentimenti, il mio essere del momento con un mezzo espressivo che fosse il più immediato possibile. Ignorando completamente il concetto di colore distribuito con il pennello, i miei esperimenti con le paste ad olio, si risolvevano in inevitabili pasticci di colore, per cui l'unica soluzione tecnica, la più sicura, che mi si prospettava era quella dei pastelli".

Essi si rivelano subito il mezzo tecnico che gli consente di trovare soddisfazione nell'esprimere le atmosfere dei suoi paesaggi, in cui l'elemento comune è costituito dal tratto veloce, dal segno deciso ed immediato, dalla precisa scansione di ogni singola sfumatura che, accostata l'una all' altra, formano campiture cromatiche vibranti. La tavolozza di Ligustro è formata da una infinità di pastelli tutti diversi: "Avevo una cassetta con più di trecento colori tutti disposti secondo un certo criterio ed ordine e tale era diventata la mia velocità di esecuzione e la quantità di opere che riuscivo a realizzare, che ormai avevo persino imparato a memoria la collocazione degli stessi, per cui, senza distogliere lo sguardo dal soggetto osservato, allungavo istintivamente le mani sulla cassetta per posare un colore e prenderne un altro ed ero sicuro di aver preso quello di cui avevo bisogno in quel momento".

Questa grande varietà di sfumature assume maggiore importanza nel momento in cui l'artista incontra la cultura orientale. La dimensione cromatica più elaborata a cui attingerà successivamente per realizzare le opere xilografiche, nasce da una ricerca più approfondita della cultura nipponica. Ligustro non si limita a prendere visione materiale del colore giapponese attraverso le stampe, bensì cerca di assorbirlo ad un più alto livello psicologico, sotto un profilo quasi filosofico mediante la conoscenza della letteratura nipponica.

Fondamentale in questo senso è la scoperta dei grandi romanzi del tardo periodo Heian quali il Takegori Monogatari (Romanzo di un vecchio tagliatore di bambù) o il Genji Monogatari e soprattutto la sua rappresentazione pittorica sotto forma di emaki (rotoli), nei quali troviamo anche le citazioni del testo che facilitano la lettura e la comprensione della narrazione. Ligustro, pur immedesimandosi nei percorsi naturalistici descritti nel Genji Monogatari, che offrono una chiave di lettura della natura completamente diversa da quella occidentale, è ben consapevole che, dal punto di vista cromatico, quest' opera poco offre rispetto alle più vivaci stampe Ukiyo-e, in quanto per natura, la luce e l' atmosfera occidentale sono completamente diverse rispetto a quelle orientali. Tuttavia l' approccio a questa dimensione è fondamentale perché costituisce un input per meglio apprezzare, comprendere e visualizzare a livello concettuale, quelli che sono i suggerimenti cromatici forniti anche da un'altra importantissima opera letteraria del tardo periodo Heian intitolata "Note del Guanciale" e scritta alla fine del X secolo da Sei Shonagon.

Ligustro si appassiona molto alle descrizioni quasi cronachistiche della vita di corte rese da Sei Shonagon e in special modo ne ammira le descrizioni dei costumi e dei kimono indossati durante cerimonie e riti, con particolare riferimento ai sofisticati ricami, alle tinte delicate che richiamano il mondo naturale. A questo proposito si ritiene doveroso citare alcuni passaggi di quest'opera, estremamente efficaci per comprendere meglio l' importanza della dimensione cromatica giapponese in rapporto ai risultati ottenuti da Ligustro nella sua sperimentazione dei pastelli prima e della xilografia poi:

E' davvero piacevole spezzare un lungo ramo di ciliegio fiorito e disporlo in un vaso soprattutto se vicino a noi è seduto un ospite a conversare oppure uno dei principi, che indossi una veste candida sotto cui si intravedono i lembi della sottoveste purpurea".

Questo passaggio ci pone di fronte ad una combinazione originale in cui i fiori di ciliegio non sono bianchi bensì di un rosa delicatissimo che si intona perfettamente con la veste bianca e la sottoveste rossa di cui si intravedono solo alcune parti.

Si avvicina il giorno della festa; un continuo andare e venire di gente che porta, piegate e avvolte nella carta, stoffe di colore indaco rosso e di foglia quasi secca.

La tintura della seta in Giappone era, ed è tuttora, un' arte molto raffinata. Al tempo in cui la Shonagon scrive, ci si ispirava generalmente ai colori dei fiori e delle erbe per creare vesti intonate alle stagioni in cui esse venivano indossate in modo così da sentirsi maggiormente in armonia con la natura. Il colore foglia quasi secca veniva ottenuto attraverso una trama verde e un ordito marrone.

"Verso mezzogiorno giunge il principe Korechika. Egli indossa una candida sottoveste e un' altra purpurea dagli splendidi disegni, i cui lembi sono lasciati volutamente apparire al di sopra di una rossa veste raffinatamente ammorbidita dall'uso, e di ampi pantaloni viola con lo stemma ricamato in rilievo. (hellip) Nascoste dalle cortine, noi dame, elegantemente drappeggiate in vesti di stile cinese candide all' esterno e viola all'interno, con sottovesti color glicine o gialle come i fiori di yamabuki".

E ancora:

Tutti indossano una cerulea sottoveste sfoderata, una veste e pantaloni a righe rosso-indaco. I più anziani invece li portano azzurri sotto candidi hakama ; un insieme davvero fresco a vedersi.

In questo passaggio Ligustro si sofferma non tanto sulla descrizione dettagliata dei colori, quanto sulla sensazione di freschezza suggerita dall' autrice che lo spinge a ricercarla nelle sue opere: "Nelle mie opere non uso il colore come fine a se stesso bensì in funzione di quello che deve apparire". Ligustro annota con paziente cura tutte le combinazioni e tutte le infinitesimali sfumature descritte le quali costituiscono i veri e propri "ingredienti" necessari per la sperimentazione cromatica e per la catalogazione della sua originale tavolozza, strumento fondamentale per realizzare quel rapporto intimo e quindi quella maggiore armonia con il mondo naturale che lo circonda, secondo l'esempio giapponese.

Egli rielabora il concetto più profondo di colore fornito dalla poesia e dalla letteratura orientale, lo amalgama con piccole dosi di quelle che sono le poetiche del colore impressioniste, espressioniste, astrattiste e cubiste ottenendo così un ampio ventaglio di sfumature che gli consente di eseguire un' analisi micrometrica del territorio, dapprima con i pastelli e successivamente con le sue nishiki-e. In questo senso egli dimostra una grande abilità e genialità intuitiva nell'adattare le tonalità delle polveri, alle esigenze specifiche della tecnica xilografica.






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